ARCHITETTURE
Link: ARCHITETTURE - Sergio Toppi e Guido Moretti
Edizioni Tipoarte Bologna
Conosco le opere di Sergio Toppi dagli anni ottanta, da quando cioè in casa circolava “Il Giornalino”, periodico illustrato destinato a mio figlio bambino, ma che sfogliavo ogni volta con la curiosità di trovare disegni o interi racconti di questo grande maestro. Tanti sono stati nel tempo gli spunti grafici o pittorici che, per la mia attività o per semplice diletto, ho ricavato da quelle raccolte e che ho cercato di riprodurre maldestramente su tela o su carta.
E pensando a quest’uomo dall’anima proiettata in mondi lontani e fantastici e alla sua capacità inarrivabile di rappresentarli con il tratto miracoloso che, a ogni immagine, produce un’invenzione di soggetti, di posture, di scenari e di inquadrature, mai avrei immaginato che il sogno di poterlo vedere direttamente all’opera e addirittura di lavorare al suo fianco su un progetto comune, si sarebbe poi avverato. E insieme a una amicizia divenuta in breve ricca e profonda.
Tutto è nato dalla grande mostra sull’opera di Toppi che si è tenuta a Bologna nelle sale del Museo Civico Archeologico nel marzo 2009. In quell’occasione mi sono ripromesso di incontrare e conoscere Sergio Toppi. E il pretesto, perché di pretesto si è trattato, è stato quello di una collaborazione con le Edizioni Tipoarte, di cui curo la direzione editoriale, per una cartella in dieci tavole con argomento l’architettura. Lo stesso Editore non ne era informato... La scelta dei soggetti intendeva rappresentare un quadro delle opere e degli architetti che hanno fatto la storia dell’architettura moderna e contemporanea, spaziando su diversi continenti e, naturalmente, con tutte le omissioni del caso.
Toppi, con la cortesia che, insieme alla modestia, fa parte intima della sua personalità, ha accolto l’idea con cautela ma senza un vero rifiuto. Il problema era quello sintetizzato dalla sua ricorrente dichiarazione: “Non sono capace di disegnare con righe dritte”. Quindi niente architettura! Nata nel frattempo la cordialità e poi l’amicizia, il desiderio di lavorare insieme ci ha indotti a trovare una formula di compromesso, così concretizzato: io avrei disegnato l’architettura su cui Toppi avrebbe avuto modo di creare liberamente la scena interpretativa.
E così è stato, per le opere di architettura una tecnica sintetica di ombre e tratteggi che si raccorda alle classiche campiture nere da cui il grande Toppi prende il volo per dispiegare la sua arte e regalarci nuove meravigliose invenzioni.
Gennaio 2011